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IL MIO PINOCCHIO

 Versione teatrale e adattamento 

di Pino Caruso

Palermo 14 ottobre 2012

PINOCCHIO È UNA TRAGEDIA

 Avendo letto Pinocchio da bambino, ed essendone rimasto dolorosamente colpito sino a piangere - mi sono convinto che Pinocchio incarna la tragedia dell’esistenza, cioè il disagio di vivere degli uomini. Pinocchio, come tutti, non sa né chi sia né da dove viene (non ha madre).

Pinocchio vive le sue esperienze, incontrando inganni, disinganni, disavventure, illusioni, imbroglioni ecc.. Insomma tutto quello che capita nella vita. In questa storia la fata turchina rappresenta Dio; quando Pinocchio la invoca ‘Fatina! Fatina mia!’ è un po’ come quando, nei momenti di difficoltà, diciamo ‘Dio mio aiutami!’.

E il Grillo Parlante è la sua coscienza.

C’è momento della vicenda in cui Pinocchio preferisce non studiare per andare a visitare il Paese dei balocchi; circostanza che può anche leggersi come un modo per spiegare ai bimbi che non studiando si finisce male; ma questa è forse l’intenzione iniziale di Carlo Collodi, io ci vedo qualcosa di più: una tragedia grande e significativa dell’avventura dell’uomo su questa terra, in questa dimensione.

Pinocchio è stato scritta nel 1881 ed è un capolavoro assoluto della letteratura italiana, certamente il più conosciuto in tutto il mondo; e la ragione è, appunto, perché si tratta di qualcosa di più della semplice favola. Quando Pinocchio e Lucignolo diventano asini, è come quando l’uomo si comporta come una bestia, anzi, per dirla tutta l’uomo è peggiore delle bestie, perché esse non hanno consapevolezza, mentre l’uomo sì, quindi se commette delle cattiverie, di queste è molto più responsabile. Qui il fatto che Pinocchio e Lucignolo divengano ciuchi sta a indicare l’uomo che degrada se stesso fino agli estremi della disumanità, quando, insomma, diviene mostro. Pinocchio riesce a riscattarsi dalla sua bestialità perché, correndo a cercare e a salvare il padre, riguadagna la sua umanità; mentre Lucignolo rimane asino e muore tra le braccia di Pinocchio dentro una pelle da asino; tutto questo non può che essere una tragedia, e non una semplice favola per i più piccoli. Anzi, ritengo che sia controindicata per i minori, li spaventa, li atterrisce. E lo so non per sentito dire: a me Pinocchio mi metteva spavento e la notte mi dava gli incubi.

Persino il lieto fine, in Pinocchio, lieto del tutto non è; anzi lo definirei decisamente drammatico: la mutazione da burattino a bambino vero, non è altro che il passaggio dalla vita alla morte o, se si preferisce, alla vita eterna.

Pinocchio muore sì burattino, ma non per diventare bimbo in carne ed ossa, bensì per farsi angelo del Paradiso, dove si ritrova con la fatina (che è il Soprannaturale) e con il padre (morto di vecchiaia), e da dove, guardando in basso la terra, vi scorge il suo cadavere: e cioè, un burattino di legno che giace disarticolato al centro della scena. In altre parole: Pinocchio riscatta la sua natura bestiale (il peccato originale?) con comportamenti virtuosi e, da burattino, si fa uomo, che, morendo, diventa spirito, e spirito eletto

La struttura favolistica del racconto è data per creare e usare quei simboli che rappresentino l’esistenza in sé, la realtà del vivere umano. E che Collodi abbia voluto dir questo o no, è irrilevante. Il fatto è che lo ha detto; 

Io sono, per mia natura, uno scrittore che fa anche l’attore e il regista. Attività, o meglio diversità, che, tuttavia,  hanno in comune la stessa materia prima: le parole; e richiedono tutte preparazione solida e cura costante. La scrittura, in specie, è la cosa più seria, più semplice e, insieme, più complicata che ci sia; più della pittura, poiché ci può essere un pittore ignorante, naif, come fu ad esempio Ligabue, che fece comunque grandi quadri; più seria anche della musica, poiché un musicista può anche essere precoce suonando il piano in maniera formidabile già a otto anni, ma si tratterebbe solo di un formidabile dono di natura.

Non ci potrà mai essere, invece, uno scrittore importante che abbia dieci anni, il che vuol dire che la scrittura prevede lunga preparazione.

 PINOCCHIO

ATTO PRIMO

 Sulla scena, a sipario aperto, al centro del palcoscenico, in prossimità del buco, un grosso  tronco d’albero sotto una luce che lo evidenzia. MUSICA. Entra la voce del narratore.

 NARRATORE F: C’era una volta... “Un re!” dirà subito qualcuno. No, sbagliato. C’era una volta un pezzo di legno. Non era un legno di lusso, ma un semplice pezzo da catasta, di quelli che d’inverno si mettono nelle stufe e nei caminetti per accendere il fuoco e per riscaldare le stanze. Non so come andasse, ma il fatto gli è che un bel giorno questo pezzo di legno capitò nella bottega di un vecchio falegname, il quale aveva nome Mastr’Antonio, se non che tutti lo chiamavano Mastro Ciliegia

 Entra  mastro Ciliegia

 per via della punta del suo naso, che era sempre lustra e paonazza, come una ciliegia matura. Appena Mastro Ciliegia ebbe visto quel pezzo di legno, si rallegrò tutto; e dandosi una fregatina di mani per la contentezza, borbottò a mezza voce:

 MASTRO CILIEGIA! Questo legno è capitato a tempo; voglio servirmene per fare una gamba di tavolino.

 Prende l’ascia per dare la prima asciata,

 VOCE PINOCCHIO Non mi picchiare tanto forte!

 Mastro Ciliegia si guarda attorno, ma non vede nessuno.

MASTRO CILIEGIA! Ho capito; si vede che quella vocina me la son figurata io. Rimettiamoci a lavorare.

 Riprende l’ascia in mano, tira  giù un colpo sul pezzo di legno.

 VOCE PINOCCHIO Ohi! tu m’hai fatto male!

 MASTRO CILIEGIA! Ma di dove sarà uscita questa vocina-.. Eppure qui non c’è anima viva. Che sia per caso questo pezzo di legno che abbia imparato a piangere e a lamentarsi come un bambino? Io non lo posso credere. Questo legno eccolo qui; è un pezzo di legno da caminetto, come tutti gli altri, e a buttarlo sul fuoco, c’è da far bollire una pentola di fagioli... O dunque? Che ci sia nascosto dentro qualcuno? Se c’è nascosto qualcuno, tanto peggio per lui. Ora l’accomodo io!

 Sbatacchia il legno. Ascolta. Nessuna vocina.

 MASTRO CILIEGIA! Ho capito; si vede che quella vocina che ha detto ohi, me la son figurata io! Rimettiamoci a lavorare.

 Pialla il legno.

 VOCE PINOCCHIO Smetti! tu mi fai il pizzicorino sul corpo!

 Mastro Ciliegia cade a terra, mezzo svenuto

 MASTRO CILIEGIA! (da terra, spaventato) Ma chi è? Chi è che parla?

 Bussano alla porta.

 MASTRO CILIEGIA Avanti.

 Entra Mastro Geppetto

 MASTRO GEPPETTO Buon giorno, mastro Antonio, che cosa fate costì?

 MASTRO CILIEGIA Insegno l’alfabeto alle formiche.

 MASTRO GEPPETTO Buon pro vi faccia.

 MASTRO CILIEGIA (alzandosi) Cosa vi porta da me, compare Geppetto?

 MASTRO GEPPETTO Le gambe. Sappiate, mastr’Antonio, che son venuto da voi, per chiedervi un favore.

MASTRO CILIEGIA Eccomi qui, pronto a servirvi, 

 MASTRO GEPPETTO Stamani m’è piovuta nel cervello un’idea.

 MASTRO CILIEGIA

Sentiamola.

 MASTRO GEPPETTO Ho pensato di fabbricarmi da me un bel burattino di legno: ma un burattino meraviglioso, che sappia ballare, tirare di scherma e fare i salti mortali. Con questo burattino voglio girare il mondo, per buscarmi un tozzo di pane e un bicchier di vino: che ve ne pare?

 VOCE PINOCCHIO Bravo Polendina!

 MASTRO GEPPETTO Perché mi chiamate Polendina? Mi offendete. Lo sapete che non sopporto che si faccia allusione alla mia parrucca color della polenta.

 MASTRO CILIEGIA Ma io non ho parlato.

 MASTRO GEPPETTO Mi avete detto Polendina!...

 MASTRO CILIEGIA Non sono stato io.

 MASTRO GEPPETTO Sta’ un po’ a vedere che sarò stato io!

 MASTRO CILIEGIA Non lo so, ma io non sono stato .

 MASTRO GEPPETO Vi dico che siete stato voi-

 MASTRO CILIEGIA E io vi ridico che non sono stato io.

 I due si azzuffano. Alla fine, ciascuno ha in bocca  la parrucca dell’altro

 MASTRO CILIEGIA Rendimi la mia parrucca!

 MASTRO GEPPETTO E tu rendimi la mia, e rifacciamo la pace.

 MASTRO CILIEGIA Rifacciamo la pace.

 Si stringono la mano

 MASTRO CILIEGIA Allora, compare Geppetto, qual è il piacere che volete da me?

 MASTRO GEPPETTO Vorrei un po’ di legno per fabbricare il mio burattino; me lo date?

 MASTRO CILIEGIA Quando si dice la combinazione, mastro Geppetto! Ci ho proprio un bel pezzo di legno sottomano.

 Mastro Ciliegia lo prende e glielo dà, ma nel darglielo, il legno, come se si muovesse da solo, gli sfugge di mano e cade sul piede di Geppetto.

 MASTRO GEPPETTO Ma che garbo è questo?! Ce l’avete sottomano, ma me lo date sopra il piede, e m’avete quasi azzoppato.

 MASTRO CILIEGIA Vi giuro che non sono stato io!

 MASTRO GEPPETTO Allora sarò stato io!...

 MASTRO CILIEGIA La colpa è tutta di questo legno.

 MASTRO GEPPETTO

Lo so che è del legno: ma siete voi che me l’avete tirato nelle gambe!

MASTRO CILIEGIA

Io non ve l’ho tirato!

  MASTRO GEPPETTO

Bugiardo!

 MASTRO CILIEGIA

Geppetto non mi offendete; se no vi chiamo Polendina!

 MASTRO GEPPETTO

A me Polendina!

 I due si riazzuffano Dopo un po’, stanchi si fermano.

 MASTRO CILIEGIA

Rifacciamo la pace.

 MASRTRO GEPPETTO

Rifacciamo la pace.

 MASTRO CILIEGIA

Il legno è vostro. Buon lavoro.

 Geppetto si carica del pezzo di legna e fa per uscire.

 MASTRO GEPPETTO

Grazie; mastro Ciliegia. Amici più di prima.

 MASTRO CILIGIA

(sulla porta) Più di prima.

 Mastro Ciliegia esce

Buio

MUSICA allegra

 NARRATORE

Geppetto, preso il suo pezzo di legno, se ne tornò a casa, tutto felice e contento

 Casa Geppetto

 MASTRO GEPPETTO

Che nome gli metterò? Pinocchio. È un nome che gli porterà fortuna. Lo chiamerò Pinocchio. Ho conosciuto una famiglia intera di Pinocchi: Pinocchio il padre, Pinocchia la madre e Pinocchi i ragazzi, e tutti se la passavano bene. Il più ricco di loro chiedeva l’elemosina.

Mastro Geppetto lavora e lavora.

 MASTRO GEPPETTO

(al legno-burattino) Mi sbaglio o mi sta guardando? No,mi sbaglio.

 Non fa a tempo a dirlo, che dal buco viene fuori una mano che gli tira la parrucca dalle testa.

 MASTRO GEPPETTO

Dammi la mia parrucca. (se la riprende) Birba d’un figliuolo! Non sei ancora finito di fare, e già cominci a mancar di rispetto a tuo padre!  (non fa a tempo a dirlo, che Pinocchio gli dà un calcio su una gamba). AhI? Ahi! Ma come io ti faccio i piedi e tu li usi per darmi un calcio! Male, ragazzo mio, male! Pazienza! Coi figli ci vuole pazienza,

 Dà gli ultimi tocchi al burattino,

 MASTRO GEPPETTO

Oooh! Eccoti qua bell’ e finito. Ora ragazzo mio, ti insegno a camminare.

 Non fa a tempo a dirlo, che Pinocchio scappa e corre per la stanza.

 MASTRO GEPPETTO

Dove vai Pinocchio? Fermati! Fermati! Se ti acchiappo, vedrai!

 Appaiono due  carabinieri. Pinocchio correndo va a sbattergli contro.

 CARABINIERE UNO

(a Geppetto) Che volete fare a questo povero ragazzo?

 CARABINIERE DUE

Lo volete picchiare?

 CARABINIERE UNO

Non sapete che è proibito?

 CARABINIERE DUE

Venite con noi in prigione.

 CARABINIERE UNO

(a Pinocchio)  E tu fila a casa!

 MASTRO GEPPETTO

(andando via col carabiniere) Sciagurato figliuolo! E pensare che ho penato tanto a farlo un bel burattino! Ma mi sta bene! Dovevo pensarci prima!... Ormai è tardi

Casa Geppetto

GRILLO

Crí-crí-crí!

 PINOCCHIO

Chi è che mi chiama?

 GRILLO

Sono io! 

 PINOCCHIO

Tu?  E tu chi sei?

 GRILLO

Io sono il Grillo parlante, e abito in questa stanza da più di cent’anni.

 PINOCCHIO

Oggi però questa stanza è mia e se vuoi farmi un vero piacere, vattene subito, senza nemmeno voltarti indietro.

 GRILLO

Io non me ne andrò di qui, se prima non ti avrò detto una gran verità.

 PINOCCHIO

Dimmela e spicciati.

 GRILLO

Guai a quei ragazzi che si ribellano ai loro genitori. E che abbandonano capricciosamente la casa paterna. Non avranno mai bene in questo mondo. E prima o poi dovranno pentirsene amaramente.

 PINOCCHIO

Canta pure, Grillo mio, come ti pare e piace: ma io so che domani, all’alba, voglio andarmene di qui, perché se rimango qui, avverrà a me quel che avviene a tutti gli altri ragazzi, vale a dire mi manderanno a scuola, e per amore o per forza mi toccherà a studiare; e io, a dirtela in confidenza, di studiare non ne ho punto voglia, e mi diverto più a correre dietro alle farfalle e a salire su per gli alberi a prendere gli uccellini di nido.

 GRILLO

Povero grullo! Ma non sai che, facendo così, diventerai da grande un bellissimo somaro, e che tutti si piglieranno gioco di te?

 PINOCCHIO

Stai zitto, grillaccio del mal’augurio!

 GRILLO

E se non ti garba di andare a scuola, perché non impari almeno un mestiere, tanto da guadagnarti onestamente un pezzo di pane?

 PINOCCHIO

Vuoi che te lo dica? Fra i mestieri del mondo non ce n’è che uno solo che veramente mi vada a genio.

 GRILLO

E questo mestiere sarebbe?

 PINOCCHIO

Quello di mangiare, bere, dormire, divertirmi e fare dalla mattina alla sera la vita del vagabondo.

 GRILLO

Per tua regola, tutti quelli che fanno codesto mestiere, finiscono quasi sempre allo spedale o in prigione.

 PINOCCHIO

Bada, Grillaccio del malaugurio!... se mi fai arrabbiare, guai a te!...

 GRILLO

Povero Pinocchio! mi fai proprio compassione!...

 PINOCCHIO

Perché ti faccio compassione?

 GRILLO

Ma perché hai la testa di legno.

 A queste ultime parole, Pinocchio prende di sul banco un martello di legno, e  lo scaglia, colpendolo, contro il Grillo parlante, che sprofonda nel buco

 MUSICA (Mozart) effetto notte

 PINOCCHIO

Ho tanto freddo. Brrrrr!

 Pinocchio mette i piedi dentro il buco.

 PINOCCHIO

Questo caldano forse mi riscalderà. Il Grillo parlante aveva ragione! Se non fossi scappato di casa e se il mio babbo fosse qui, ora non mi troverei a morire di fame e di freddo.

MUSICA. Pinocchio si appisola

Bussano alla porta

 PINOCCHIO

(svegliandosi di soprassalto) Chi è?

 GEPPETTO

(entrando) Sono io.

 PINOCCHIO

(felice) Babbino babbino mio!

 Fa per alzarsi, per andargli incontro, ma rimane bloccato sul posto, con i piedi dentro la buca. Geppetto che l’aspettava a braccia aperte, vedendo che Pinocchio è come trattenuto

 GEPPETTO

Oh che ti succede, figliolo.

 PINOCCHIO

Non posso muovermi, babbo.

 GEPPETTO

(andandogli incontro) Perché?

 PINOCCHIO

Perché mi hanno mangiato i piedi.

 GEPPETTO

Non dire bugie,che ti si allunga il naso.

 PINOCCHIO

Non dico bugie, credetemi. Siccome. Avevo un gran freddo, ho messo i piedi sul caldano per riscaldarmi e me li sono bruciati. E intanto la fame l’ho sempre e i piedi non li ho più.

 GEPPETTO

Va bene, ti credo. Ma non aver paura, qui c’è il tuo babbo. Intanto per la fame, ecco  Tira fuori dalla tasca tre pere. Queste tre pere erano la mia colazione: ma io te le do volentieri. Mangiale, e buon pro ti faccia.

PINOCCHIO

Se volete che le mangi, fatemi il piacere di sbucciarle.

 GEPPETTO

 Sbucciarle?  Non avrei mai creduto, ragazzo mio, che tu fossi  così schizzinoso. Male! In questo mondo, bisogna saper mangiar di tutto, perché non si sa mai. I casi son tanti!...

 PINOCCHIO

Voi dite bene, ma io non mangerò mai una frutta che non sia sbucciata.

 GEPPETTO

Santa pazienza!

 Geppetto sbuccia le tre pere. Pinocchio mangia la prima e, fa  l’atto di buttar via il torsolo.

 GEPPETTO

Non lo buttar via: tutto in questo mondo può far comodo.

 PINOCCHIO

Ma io il torsolo non lo mangio.

 GEPPETTO

Non lo dire. I casi son tanti!...

 Pinocchio divora le tre pere. Sbadiglia e piagnucola:

 PINOCCHIO

Ho dell’altra fame!

 GEPPETTO

Ma io, ragazzo mio, non ho più nulla da darti.

 PINOCCHIO

Proprio nulla, nulla?

 GEPPEETTO

Ci avrei soltanto queste bucce e questi torsoli di pera.

 PINOCCHIO

Pazienza! Se non c’è altro, mangerò una buccia.

 Pinocchio mangia.

PINOCCHIO

Ora sì che sto bene!

 GEPPETTO

Vedi dunque che avevo ragione io quando ti dicevo che non bisogna essere né troppo sofistici né troppo delicati di palato. Caro mio, non si sa mai quel che ci può capitare in questo mondo. I casi son tanti!

 PINOCCHIO

Babbino, babbino mio, mi rifai i piedi. Rivoglio i miei piedi.

 GEPPETTO

E perché dovrei rifarti i piedi? Forse per vederti scappar di nuovo da casa tua?

 PINOCCHIO

Vi prometto che da oggi in poi sarò buono.

 GEPPETTO

Tutti i ragazzi  quando vogliono ottenere qualcosa, dicono così.

 PINOCCHIO

 Vi prometto che andrò a scuola, studierò e mi farò onore.

 GEPPETTO

Tutti i ragazzi  quando vogliono ottenere qualcosa, dicono così.

 PINOCCHIO

Ma io non sono come gli altri ragazzi! Io sono più buono di tutti, e dico sempre la verità. Vi prometto, babbo, che imparerò un’arte, e che sarò la consolazione e il bastone della vostra vecchiaia.

 GEPPETTO

E va bene!

 Musichetta. Geppetto di spalle come se rifacesse i piedi a Pinocchio. Finito il lavoro, Pinocchio,  salta fuori dal buco

 PINOCCHIO

Grazie babbino mio. Per ricompensarvi di quanto avete fatto per me, voglio subito andare a scuola.

 GEPPETTO

Che bravo figliuolo che mi sono costruito!

 PINOCCHIO

Ma per andare a scuola ho bisogno,di un bel vestito.

 GEPPETTO

Pinocchio, non è il vestito bello che fa il signore, ma è piuttosto il vestito pulito.

 PINOCCHIO

Si, però per andare a scuola mi manca sempre qualcosa: mi manca il più e il meglio.

 GEPPETTO

Cioè?

 PINOCCHIO

Mi manca l’Abbecedario.

 GEPPETTO

Hai ragione: ma come si fa per averlo?

 PINOCCHIO

È facilissimo: si va da un libraio e si compra.

 GEPPETTO

E i quattrini?

 PINOCCHIO

Io non ce l’ho.

 GEPPETTO

Nemmeno io. Ma un’idea ce l’ho. Aspettami qui.

 Musichetta.

Pinocchio gironzola tutt’intorno, muovendosi in sincronia con la Musica, quasi ballando. Dopo poco Geppetto rientra: ha in mano l’Abbecedario, ma la casacca non  ce l’ha più. È in maniche di camicia.

 PINOCCHIO

E la casacca, babbo?

 GEPPETTO

L’ho venduta.

 PINOCCHIO

Perché l’avete venduta?

GEPPETTO

Perché mi faceva caldo.

 PINOCCHIO

Grazie Babbino. Grazie. Ti voglio tanto bene.

 GEPPETTO

Anch’io. Ma adesso, vai a scuola. E studia

 Pinocchio, prende l’abbecedario sotto il braccio ed esce

 PINOCCHIO

(camminando) Oggi, alla scuola, voglio subito imparare a leggere: domani poi imparerò a scrivere, e domani l’altro imparerò a fare i numeri. Poi, colla mia abilità, guadagnerò molti quattrini e coi primi quattrini che mi verranno in tasca, voglio subito fare al mio babbo una bella casacca di panno. Ma che dico di panno? Gliela voglio fare tutta d’argento e d’oro, e coi bottoni di brillanti. E quel pover’uomo se la merita davvero: perché, insomma, per comprarmi i libri e per farmi istruire, è rimasto in maniche di camicia... a questi freddi! Non ci sono che i babbi capaci di certi sacrifizi!

 MUSICA di banda,  pifferi e gran cassa

 PINOCCHIO

Oh, bella! E che cosa è questa Musica? Peccato che io debba andare a scuola, Va be’, ma a scuola, ci posso sempre andare domani. Oggi andrò a sentire i pifferi.

 Pinocchio si incammina. Appare un uomo con un cartello in mano

 PINOCCHIO

Che spettacolo c’è , oggi?

 CARTELLONISTA

Leggi il cartello, che c’è scritto, e lo saprai.

 PINOCCHIO

Lo leggerei volentieri, ma per l’appunto oggi non so leggere.

 CARTELLONISTA

Bravo asino! Allora te lo leggerò io. Sappi dunque che in quel cartello c’è scritto: GRAN TEATRO DEI BURATTINI...

 PINOCCHIO

È molto che è incominciata la commedia?

 CARTELLONISTA

Deve ancora cominciare

 PINOCCHIO

E quanto si spende per entrare?

 CARTELLONISTA

Quattro soldi.

 PINOCCHIO

Mi daresti quattro soldi, fino a domani?

 CARTELLONISTA

Te li darei volentieri, ma oggi, per l’appunto, non te li posso dare-

 PINOCCHIO

Nemmeno in cambio della mia giacchetta.

 CARTELLONISTA

Nemmeno.

 PINOCCHIO

E se ti do in cambio le  mie scarpe, quanto mi dai?

 CARTELLONISTA

Nulla.

 PINOCCHIO

E per il mio berretto?

 CARTELLONISTA

Sempre nulla.

 PINOCCHIO

E per quest’Abbecedario nuovo?

 CARTELLONISTA

Eccoti i quattro soldi.

 MUSICA

 PINOCCHIO

(come entrando sul retro del teatro) Uhhh! Che bel teatro!che bei burattini!

 Mangiafuoco sta per cominciare lo spettacolo, ma le marionette che tiene in mano per i fili riconoscono Pinocchio, e gli fanno festa;

 ARLECCHINO

Sogno o son desto? Eppure questo che vedo è Pinocchio!...

 PULCINELLA

È Pinocchio davvero!

 ROSAURA

È proprio lui!

 BURATTINI

(in coro) È Pinocchio! è Pinocchio! È il nostro fratello Pinocchio! Evviva Pinocchio!...

 ARLECCHINO

Pinocchio, vieni quassù da me!  Vieni a gettarti fra le braccia dei tuoi fratelli di legno!

 MANGIAFUOCO

Adesso basta. Smettetela con questa baldoria. Basta ho detto! Se no m’arrabbio davvero! (a Pinocchio, con ironia) Si può sapere, signor Pinocchio, perché sei venuto a mettere lo scompiglio nel mio teatro?

 PINOCCHIO

La creda, illustrissimo, che la colpa non è stata mia!...

 MANGIAFUOCO

Basta così! Per i miei gusti, hai già parlato troppo. Olà, Arlecchino e Pulcinella, prendete questo burattino. Mi pare fatto di un legname molto asciutto, e sono sicuro che, a buttarlo sul fuoco, mi darà una bellissima fiammata all’arrosto. 

 PINOCCHIO

Oh, signor Mangiafuoco, non voglio morire, non voglio morire! Pietà!

 MANGIAFUOCO

Non conosco questa parola! Etci! Etci!

 ARLECCHINO

 (sottovoce a Pinocchio) Non aver paura fratello! Quando stranutisce è segno che s’è mosso a compassione. È meno cattivo di quel che sembra. Stai tranquillo.

 Pinocchio piagnucola ancora.

MANGIAFUOCO

Finiscila di piangere! Etcí! Etcí!

 PINOCCHIO

Salute!

 MANGIAFUOCO

Grazie. Il tuo babbo e la tua mamma sono sempre vivi?

 PINOC CHIO

Il babbo, sí: la mamma non l’ho mai conosciuta.

 MANGIAFUOCO

Chi lo sa che dispiacere sarebbe per il tuo vecchio padre, se ora ti facessi gettare fra que’ carboni ardenti! Povero vecchio! lo compatisco! Etcí, etcí, etcí.

 PINOCCHIO

Salute!

 MANGIAFUOCO

Grazie! Del resto bisogna compatire anche me, perché, come vedi, non ho più legna per finire di cuocere un montone arrosto. E tu, dico la verità, in questo caso mi avresti fatto un gran comodo! Ma ormai mi sono impietosito e ci vuol pazienza. Invece di te, metterò a bruciare qualche burattino della mia Compagnia. Pigliatemi lí quell’Arlecchino, legatelo ben bene, e poi gettatelo a bruciare sul fuoco. Io voglio che il mio montone sia arrostito bene!

 PINOCCHIO

Pietà, signor Mangiafuoco!

 MANGIAFUOCO

Qui non ci son signori!

 PINOCCHIO

Pietà, signor Cavaliere!

 MANGIAFUOCO

Qui non ci sono cavalieri!

  PINOCCHIO

Pietà, signor Commendatore!

 

MANGIAFUOCO

Qui non ci sono commendatori!

 PINOCCHIO

Pietà, Eccellenza!

 MANGIAFUOCO

Eccellenza! Eccellenza mi piace. Ebbene, che cosa vuoi da me?

 PINOCCHIO

Vi domando grazia per il povero Arlecchino!

 MANGIAFUOCO

Qui non c’è grazia che tenga! Se ho risparmiato te, bisogna che faccia mettere sul fuoco lui, perché io voglio che il mio montone sia arrostito bene.

 PINOCCHIO

In questo caso conosco qual è il mio dovere. Prendete me. Non è giusto che il povero Arlecchino debba morire per causa mia. 

 MANGIAFUOCO

Eeehhhtci!

 PINOCCHIO

Salute!

 Etci! Etci! Tu sei un gran bravo ragazzo! Vieni qua da me e dammi un bacio.

 PINOCCHIO

Dunque la grazia è fatta?

 MANGIAFUOCO

La grazia è fatta! Pazienza, per questa sera mi rassegnerò a mangiare il montone mezzo crudo: ma un’altra volta, guai a te! Etci!

 PINOCCHIO

Salute.

 MANGIAFUOCO

Come si chiama tuo padre?

 PINOCCHIO

Geppetto.

 MANGIAFUOCO

E che mestiere fa?

 PINOCCHIO

Il povero.

 MANGIAFUOCO

Guadagna molto?

 PINOCCHIO

Guadagna tanto quanto ci vuole per non aver mai un centesimo in tasca. Si figuri che per comprarmi l’Abbecedario della scuola dovette vendere l’unica casacca che aveva addosso.

 MANGIAFUOCO

Povero Geppetto! Etci!  Mi fa quasi compassione. Ecco qui cinque monete d’oro. Va’ subito a portargliele e salutalo tanto da parte mia. 

 PINOCCHIO

Grazie, signor Mangiafuoco. Grazie!

 MANGIAFUOCO

(uscendo con le sue marionette) Basta coi ringraziamenti

 PINOCCHIO

Grazie, Signor Mangiafuoco.

 Pinocchio rimasto solo, guarda le monete che gli ha dato Mangiafuoco, Le fa saltellare sulla mano. Poi, tutto allegro s’incammina.

MUSICA di Pinocchio.

Sopraggiungono  il Gatto e la Volpe.

 LA VOLPE

Buon giorno, Pinocchio,

 PINOCCHIO

Com’è che sai il mio nome?

 LA VOLPE

Conosco bene il tuo babbo.

 PINOCCHIO

Dove l’hai veduto?

 LA VOLPE

L’ho veduto ieri sulla porta di casa sua.

 PINOCCHIO

E che cosa faceva?

 LA VOLPE

Era in maniche di camicia e tremava dal freddo.

 PINOCCHIO

Povero babbo! Ma, se Dio vuole, da oggi in poi non tremerà piú!

 LA VOLPE

Perché?

 PINOCCHIO

Perché io sono diventato un gran signore.

 LA VOLPE

Un gran signore tu?

 PINOCCHIO

C’è poco da meravigliarsi. Mi dispiace davvero di farvi venire l’acquolina in bocca, ma queste qui, se ve ne intendete, sono cinque bellissime monete d’oro.

 LA VOLPE

E ora , che cosa vuoi farne di codeste monete?

 PINOCCHIO

Prima di tutto, voglio comprare per il mio babbo una bella casacca nuova, tutta d’oro e d’argento e coi bottoni di brillanti. E poi voglio comprare un Abbecedario per me.

 LA VOLPE

Per te? Ma non mi dire!

PINOCCHIO

Davvero! Voglio andare a scuola e mettermi a studiare di buzzo buono.

 LA VOLPE

Studiare? Ma sei ammattito! Guarda me! Per la passione sciocca di studiare ho perduto una gamba.

 GATTO

E guarda anche me! Per la passione sciocca di studiare ho perduto la vista di tutti e due gli occhi. 

 PINOCCHIO

Davvero?

 GATTO

Davverissimo!

 LA VOLPE

(facendo eco) …issimo! Ascolta quello che ti dico. Vuoi raddoppiare le tue monete d’oro?

 PINOCCHIO

Cioè?

 LA VOLPE

Vuoi tu, di cinque miserabili zecchini, farne cento, mille, duemila?

 PINOCCHIO

Magari! E come si fa?

 LA VOLPE

È facilissimo! Invece di tornartene a casa tua, dovresti venir con noi.

 PINOCCHIO

E dove mi volete condurre?

 

LA VOLPE

Nel paese dei Barbagianni.

 

GATTO

Barbagianni

 

Pinocchio ci pensa un poco. Poi…

 

PINOCCHIO

No, non ci voglio venire. Oramai sono vicino a casa, e voglio andarmene a casa, dove c’è il mio babbo che m’aspetta.

 

LA VOLPE

Vuoi proprio andare a casa tua? Allora va’ pure, e tanto peggio per te.

 

GATTO

Tanto peggio per te!

Pinocchio fa per andare

 

LA VOLPE

Pensaci bene, Pinocchio, perché tu dai un calcio alla fortuna.

 

GATTO

Fortuna!

 

Pinocchio si ferma.

 

LA VOLPE

I tuoi cinque zecchini, dall’oggi al domani sarebbero diventati duemila.

 

GATTO

Duemila!

 

PINOCCHIO

Ma com’è mai possibile che diventino tanti?

 

LA VOLPE

Te lo spiego subito. Bisogna sapere che nel paese dei Barbagianni c’è un campo benedetto, chiamato da tutti il Campo dei miracoli. Tu fai in questo campo una piccola buca e ci metti dentro, per esempio, uno zecchino d’oro. Poi ricopri la buca con un po’ di terra, l’annaffi con due secchie d’acqua di fontana, ci getti sopra una presa di sale.  E la sera te ne vai tranquillamente a letto. Intanto, durante la notte, lo zecchino germoglia e fiorisce. E la mattina dopo, di levata, ritornando nel campo, che cosa trovi?

 

PINOCCHIO

Che trovo?

 

LA VOLPE

Un bell’albero carico di tanti zecchini d’oro quanti chicchi di grano può avere una bella spiga nel mese di giugno.

 

PINOCCHIO

Sicché, dunque, se io sotterrassi in quel campo i miei cinque zecchini, la mattina dopo quanti zecchini ci troverei?

 

LA VOLPE

È un conto facilissimo. Che puoi farlo sulla punta delle dita. Poni che ogni zecchino ti faccia un grappolo di cinquecento zecchini: moltiplica il cinquecento per cinque, e la mattina dopo ti trovi in tasca duemilacinquecento zecchini lampanti e sonanti.

 

GATTO

Sonanti

 

PINOCCHIO

Oh che bella cosa! Appena che questi zecchini li avrò raccolti, ne prenderò per me duemila e gli altri cinquecento di più li darò in regalo a voialtri due.

 

LA VOLPE

Un regalo a noi? Dio te ne liberi!

 

GATTO

Liberi!

 

LA VOLPE

Noi non lavoriamo per il vile interesse. Noi lavoriamo per il bene dell’umanità.

 

GATTO

Umanità.

 

PINOCCHIO

(a se stesso) Ma che brave persone! Andiamo subito, io vengo con voi.

 

MUSICA.

I tre camminano per un po’. Ad un certo punto, la Volpe si ferma.

 

LA VOLPE

Ecco l’osteria del Gambero Rosso. Fermiamoci un po’ qui, tanto per mangiare un boccone e riposarci qualche ora. A mezzanotte poi ripartiremo per essere domani, all’alba, nel Campo dei miracoli.

 

GATTO

No, ma che mangiare. Sono indisposto. Mi accontenterò di ordinare trentacinque triglie con salsa di pomodoro, quattro porzioni di trippa alla parmigiana, condita di burro e il formaggio grattato! Doppia razione di dolce, un chilo di frutta, un doppio caffè. E basta,

 

LA VOLPE

Anch’io non mi sento bene. E dovrò limitarmi. Mi farò servire soltanto una semplice lepre, con un leggerissimo contorno di pollastre ingrassate e di galletti di primi canto. Poi, per torna gusto, un cibreino di pernici, di starne, di conigli, di ranocchi, di lucertole e d’uva paradisa. Doppia razione di dolce, un chilo di frutta, un doppio caffè. E basta,

 

GATTO

Basta.

 

LA VOLPE

Quindi, ci faremo dare due buone camere, una per il signor Pinocchio e un’altra per me e per il mio compagno. Schiacceremo un sonnellino. E a mezzanotte sveglia, per continuare il nostro viaggio. Entriamo.

 

GATTO

…iamo

BUIO

MUSICA.

Lentamente torna la luce. Alba. Un gallo canta.

Pinocchio  si sveglia. Si stiracchia.

 

PINOCCHIO

È l’ora di partire. (si guarda intorno) Ma i miei compagni dove sono? (chiama) Gatto1 Volpe! (non risponde nessuno) Saranno andati via. Forse ci avranno ripensato e non vogliono più farmi diventare ricco. Ma a me non mi fregano. Li raggiungerò al Campo dei miracoli. Piuttosto, chissà se avranno pagato la cena. Credo di no. Sono persone troppo educate per farmi un affronto simile. Peccato, però! perché a me questo affronto mi avrebbe fatto tanto piacere. Ma che m’importa! Domani il mio babbo sarà un gran signore perché i quattro zecchini che mi restano, domani saranno duemila. Ma devo far presto, se non faccio tardi. In cammino su! Che devo essere al Campo dei miracoli, domattina, allo spuntare del giorno.

 

MUSICA di Pinocchio

Pinocchio s’incammina. Notte. Strada bosco. Temporale. Ad ogni tuono Pinocchio si spaventa.

 

PINOCCHIO

(tuono) Chi va là? (tuono) Chi va là? (tuono) Chi va là? 

 

Eco: Chi va là! Chi va là! Chi va là!

Mentre cammina, Pinocchio vede una luce pallida e opaca, come un lumino da notte dentro una lampada di porcellana trasparente.

 

PINOCCHIO

Chi sei?

 

LUCETTA

Sono l’ombra del Grillo parlante ante, ante.

 

PINOCCHIO

Che vuoi da me?

 

LUCETTA

Voglio darti un consiglio, iglio iglio. Ritorna indietro e porta i quattro zecchini, che ti sono rimasti, al tuo povero babbo, che piange e si dispera per non averti più veduto uto.

 

PINOCCHIO

Domani il mio babbo sarà un gran signore, perché questi quattro zecchini diventeranno duemila.

 

LUCETTA

Non ti fidare, ragazzo mio, io io. di quelli che promettono di farti ricco dalla mattina alla sera. Per il solito o sono matti o imbroglioni! Dai retta a me, ritorna indietro etro etro.

 

PINOCCHIO

E io invece voglio andare avanti.

 

LUCETTA

La notte è scura ura ura.

 

PINOCCHIO

Ma io, voglio andare avanti lo stesso

 

LUCETTA

La strada è pericolosa.

 

PINOCCHIO

Ma io sono coraggioso  e vado avanti. Buona notte, Grillo.

 

LUCETTA

Buona notte, Pinocchio, e che il cielo ti protegga dalle intemperie e dagli assassini, ini ini.

 

La lucetta del Grillo-parlante si spegne.

 

Appaiono il Gatto e La Volpe

 

 

VOLPE

O la borsa o la vita!

 

GATTO

La vita.

 

PINOCCHIO

Ma io sono un povero burattino. Non posseggo nulla

 

VOLPE

Meno ciarle e fuori i denari!

 

GATTO

Denari

 

VOLPE

O i denari o sei morto.

 

GATTO

Morto!

 

VOLPE

E dopo ammazzato te, ammazzeremo anche tuo padre!

 

GATTO

Anche tuo padre!

 

PINOCCHIO

No, no, no, il mio povero babbo no!

 

Ma, così, gli zecchini gli suonano in bocca.

 

VOLPE

Furfante che non sei altro! dunque i danari te li sei nascosti sotto la lingua? Sputali subito!

 

GATTO

Subito

 

VOLPE

Ah, tu fai il furbo: Ma ci penseremo noi a farteli sputare.

 

I due  acchiappano Pinocchio, cercano di fargli aprire la bocca; ma non ci riescono. Pinocchio morde la mano al Gatto e gli stacca uno zampino,

MUSICA

Pinocchio scappa in platea, Il Gatto e la Volpe dietro

Pinocchio imbuca una via d’uscita. Il gatto e la Volpe dietro.

Dopo un po’, Pinocchio rientra in platea da un'altra porta. Sempre correndo, torna in palcoscenico, Si ferma, ansimando, Si guarda intorno.

 

PINOCCHIO

Mi sono perso. Dove sono?

 

Appare la fatina

 

FATINA

In un posto dove non c’è nessuno. Sono tutti morti.

 

PINOCCHIO

Ma ci sei tu!

 

FATINA:

Sono morta anch’io

 

PINOCCHIO:

Morta? E allora che ci fai qui?

 

FATINA

Aspetto la bara che venga a portarmi via.

 

La Fatina scompare. Sopraggiungono il Gatto e la Volpe, o venendo dalla platea, o da una quinta. Acciuffano Pinocchio.

 

VOLPE

Ora non ci scappi più!... Dunque, vuoi aprire la bocca, si o no? Ah! Non rispondi? Lascia fare: Ché questa volta te la faremo aprir noi!..

 

GATTO

Noi.

 

Tentano di accoltellare Pinocchio ma i coltelli gli si spezzano.

 

 

GATTO

Così non ci riusciremo mai.

 

VOLPE

Ho capito! Bisogna impiccarlo! Impicchiamolo!

 

GATTO

(a Pinocchio) Sarai impiccato.

PINOCCHIO

Impiccato no!

 

GATTO

E ti lasceremo impiccato e ce ne andremo.

 

VOLPE

E quando domani torneremo qui, si spera che ci farai la garbatezza di farti trovare bell’e morto e con la bocca spalancata.

 

FINE PRIMO ATTO

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

SECONDO ATTO

 

MUSICA

Poi sfuma

 

NARRATORE

In quel mentre che il povero Pinocchio impiccato dagli assassini a un ramo della Quercia grande, pareva oramai più morto che vivo, la bella Bambina dai capelli turchini si affacciò alla finestra, e impietositasi alla vista di quell’infelice che, sospeso per il collo, ballava il trescone alle ventate di tramontana, chiamò un grosso Falco e gli disse: Vola subito da Pinocchio; rompi col tuo fortissimo becco il nodo che lo tiene sospeso in aria, e portalo qui,

Detto fatto. E Pinocchio si ritrovò in casa della fatina,

 

FATINA

Vorrei sapere da lor signori, se questo disgraziato burattino è vivo o morto!

 

CORVO

A mio credere Pinocchio è bell’e morto: ma se per disgrazia non fosse morto, allora sarebbe indizio sicuro che è sempre vivo!

 

CIVETTA

Mi dispiace di dover contraddire il Corvo, mio illustre amico e collega: per me, invece, Pinocchio è sempre vivo; ma se per disgrazia non fosse vivo, allora sarebbe segno che è morto davvero.

 

FATINA

Io dico che il medico prudente, quando non sa quello che dice, è meglio che non dica nulla.

 

CIVETTA

Eccolo che si sveglia.

 

FATINA

Perché piange?

 

CORVO

Quando il morto piange, è segno che è in via di guarigione. Altro non vi posso dire.

 

Il Corvo s’inchina ed esce.

 

CIVETTA

Mi duole di contraddire il mio illustre amico e collega, ma per me quando il morto piange, è segno che gli dispiace a morire. Altro non vi posso dire.

 

La Civetta s’inchina ed esce.

 

PINOCCHIO

Quanto siete buona, Fatina mia, e quanto bene vi voglio!

 

FATINA

Te ne voglio anch’io. E se tu vuoi rimanere con me, tu sarai il mio fratellino e io la tua buona sorellina.

 

PINOCCHIO

Io resterei volentieri... ma il mio povero babbo?

 

FATINA

Ho pensato a tutto. Il tuo babbo è stato di già avvertito: e prima che faccia notte, sarà qui.

 

PINOCCHIO

Davvero? Allora, Fatina mia, se vi contentate, vorrei andargli incontro! Non vedo l’ora di poter dare un bacio a quel povero vecchio, che ha sofferto tanto per me!

 

FATINA

Vai pure. Ma bada di non ti perdere. Prendi la via del bosco, e sono sicura che lo incontrerai.

 

MUSICA

Pinocchio s’incammina, anzi si mette a correre, quando…

 

VOLPE

Ecco il nostro caro Pinocchio . (abbraccia Pinocchio)

 

GATTO

Come mai sei qui?

 

PINOCCHIO

È una storia lunga e ve la racconterò a comodo. Sappiate però che l’altra notte, quando mi avete lasciato solo all’osteria, ho trovato gli assassini per strada.

 

VOLPE

Gli assassini? Oh povero amico! E che cosa volevano?

 

 

PINOCCHIO

Mi volevano rubare le monete d’oro.

 

VOLPE

Infami!...

 

GATTO

Infami? Infami è poco:  infamissimi!

 

VOLPE

Si può sentir di peggio? In che mondo siamo condannati a vivere!

 

PINOCCHIO

Che cosa hai fatto del tuo zampetto?

 

GATTO

Ma veramente… Non  so spiegarmelo.

 

VOLPE

Il mio amico è troppo modesto, e per questo dice che non sa spiegarselo. Risponderò io per lui. Sappi dunque che un’ora fa abbiamo incontrato sulla strada un vecchio lupo, quasi svenuto dalla fame, che ci ha chiesto un po’ d’elemosina. Non avendo noi da dargli nemmeno una lisca di pesce, che cosa ha fatto l’amico mio, che ha davvero un cuore di Cesare? Si è staccato coi denti uno zampetto delle sue gambe davanti e l’ha gettato a quella povera bestia, perché potesse sfamarsi.

 

PINOCCHIO

(commosso) Se tutti i gatti somigliassero  a te, il mondo sarebbe migliore

 

VOLPE

E ora che cosa fai in questi luoghi?

 

PINOCCHIO

Cerco il mio babbo, che deve arrivare qui da un momento all’altro.

 

GATTO

E le tue monete d’oro?

 

PINOCCHIO

Le ho sempre in tasca.

 

VOLPE

E pensare che, invece di quattro monete, potrebbero diventare domani mille e duemila!

 

GATTO

Perché non dai retta al nostro consiglio? Perché non vai a seminarle nel Campo dei miracoli?

 

PINOCCHIO

Oggi è impossibile: vi andrò un altro giorno.

 

VOLPE

Un altro giorno sarà tardi!

 

PINOCCHIO

Perché?

 

VOLPE

Perché quel campo è stato comprato da un gran signore, e da domani in là non sarà più permesso a nessuno di seminarvi i denari.

 

PINOCCHIO

Quant’è distante di qui il Campo dei miracoli?

 

VOLPE

Vicinissimo. E appena là: semini le quattro monete: dopo pochi minuti ne raccogli duemila, e stasera ritorni qui colle tasche piene. Vuoi venire con noi?

 

PINOCCHIO

Veramente, non vorrei. Non dovrei. Ma voglio. Andiamo pure.

 

S’incamminano.  MUSICA. Dopo un po’:

 

PINOCCHIO

E il Campo dei miracoli dov’è?

 

VOLPE

È qui a due passi.

 

GATTO

Due passi.

 

VOLPE

Uno e due. (fa davvero due passi – a Pinocchio) Ora chinati giù a terra, scava con le mani una piccola buca nel campo, e mettici dentro le monete d’oro. Poi, vai alla fontana qui vicina, prendi una secchia d’acqua e annaffia il terreno dove hai seminato.

 

Pinocchio esegue.

VOLPE

Fatto?

 

PINOCCHIO

 

GATTO

Fatto!

 

VOLPE

Ora possiamo andar via. Tu poi ritorna qui fra una ventina di minuti, e troverai l’arboscello già spuntato dal suolo e coi rami tutti carichi di monete.

 

GATTO

Monete.

 

PINOCCHIO

Grazie, grazie, quanto siete buoni! Per ripagare la vostra bontà,  prometto che vi farò un bellissimo regalo.

 

VOLPE

Noi non vogliamo regali Noi non lavoriamo per noi. Noi lavoriamo per il bene dell’umanità.

 

GATTO

Umanità

 

VOLPE

E, quanto a te, ci basta di averti insegnato il modo di arricchire senza durar fatica.

 

GATTO

Fatica.

 

VOLPE

Siamo Felici di averti conosciuto.

 

GATTO

Conosciuto.

 

VOLPE

Buona ventura.

GATTO

Ventura,

 

Escono di scena. Pinocchio rimane solo.

 

PINOCCHIO

E se invece di mille monete, ne trovassi su i rami dell’albero duemila?... E se invece di duemila, ne trovassi cinquemila? e se invece di cinquemila, ne trovassi centomila? Oh che bel signore, allora, che diventerei!

 

Appare la Lucetta del Grillo Parlante. E si sente una gran risata.

 

PINOCCHIO

Perché ridi?

 

LUCETTA GRILLO PARLANTE

Rido di quei barbagianni, che credono a tutte le scioccherie e che si lasciano intrappolare da chi è più furbo di loro.

 

PINOCCHIO

Parli forse di me?

 

LUCETTA GRILLO PARLANTE

Sì, parlo di te, povero Pinocchio! Di te che sei così dolce di sale da credere che i denari si possano seminare e raccogliere nei campi, come si seminano i fagioli e le zucche. Sappi che, per mettere da parte dei soldi bisogna saperseli guadagnare o col lavoro delle proprie mani o coll’ingegno della propria testa.

 

PINOCCHIO

Non ti capisco.

 

LUCETTA GRILLO PARLANTE

Mi spiegherò meglio. Sappi dunque che, mentre tu eri in città, la Volpe e il Gatto sono tornati in questo campo: hanno preso le monete d’oro sotterrate, e poi sono fuggiti come il vento. E ora chi li raggiunge, è bravo!

 

Pinocchio  comincia scava e non trova nulla. Piange.

 

PINOCCHIO

Solo la mia fatina mi può aiutare

 

MUSICA

di Pinocchio che cammina.

La MUSICA si arresta di colpo davanti ad un cartello.

QUI GIACE

LA BAMBINA DAI CAPELLI TURCHINI

MORTA DI DOLORE

PER ESSERE STATA ABBANDONATA DAL SUO

FRATELLINO PINOCCHIO

 

PINOCCHIO

(piangendo) O Fatina mia, perché sei morta?... perché, invece di te, non sono morto io, che sono tanto cattivo, mentre tu eri tanto buona?... E il mio babbo dove sarà? O Fatina mia, dimmi dove posso trovarlo, ché voglio stare sempre con lui, e non lasciarlo più! più! più!... O Fatina mia, se davvero mi vuoi bene, rivivi, ritorna viva come prima!

 

LUCETTA DEL GRILLO PARLANTE

Pinocchio, Pinocchio, corri corri in riva al mare, Il tuo babbo sta per partire su una barchetta verso le lontane Americhe per cercarti.

 

PINOCCHIO

Oh, no babbino mio! Sono qua! Non partire! Arrivo

 

Pinocchio corre.

MUSICA

Rumore di mare e di tempesta.

Pinocchio, si ferma ansante, come fosse arrivato sul mare. Guarda in lontananza. Chiama a gran voce.

 

PINOCCHIO

Babbinoooo!  Babbino mioooo!

 

LUCETTA DEL GRILLO PARLANTE

Non ti può sentire. È ormai lontano.

 

PINOCCHIO

Oh che sciagura! Che sciagura! E come faccio adesso,  solo in questo mondo? Ora che ho perduto la mia Fatina e il mio babbo, chi mi darà da mangiare? Dove andrò a dormire la notte? Chi mi farà la giacchettina nuova? Oh! sarebbe meglio, cento volte meglio, che morissi anch’io! Sì, voglio morire! ih! ih! ih!

 

LUCETTA DEL GRILLO PARLANTE

Non disperare Pinocchio. Il tuo babbo e solo partito e  ritornerà. E la fatina, con le fatine non si sa mai.

 

 

 

PINOCCHIO

Dici?

 

LUCETTA DEL GRILLO PARLANTE

Dico.

 

La lucetta del Grillo Parlante si spegne.

Passa un Carbonaio

 

PINOCCHIO

Signor Carbonaio, mi fareste la carità di darmi un soldo, perché mi sento morir dalla fame?

 

CARBONAIO

Non un soldo solo, ma te ne do quattro, a patto che tu m’aiuti a tirare fino a casa questi due carretti di carbone.

 

PINOCCHIO

Mi meraviglio di voi, signor Carbonaio, che mi diciate così. Per vostra regola io non ho fatto mai il somaro: io non ho mai tirato il carretto!

 

CARBONAIO

Meglio per te! Allora, ragazzo mio, se ti senti davvero morir dalla fame, mangia due belle fette della tua superbia, e bada di non prendere un’indigestione.

 

Passa un muratore

 

PINOCCHIO

Signor Muratore, fareste la carità d’un soldo a un povero ragazzo, che sbadiglia dall’appetito?

 

MURATORE

Volentieri. Vieni con me a portar calcina, e invece d’un soldo, te ne darò cinque.

 

PINOCCHIO

Ma la calcina pesa, e io non voglio durar fatica.

 

MURATORE

Se non vuoi durar fatica, allora, ragazzo mio, divertiti a sbadigliare, E buon pro ti faccia.

 

Passa una donnina con una brocca d’acqua

 

 

PINOCCHIO

Permettete, buona donna, che io beva una sorsata d’acqua dalla vostra brocca?

 

DONNINA

Bevi pure, ragazzo mio!

 

PINOCCHIO

(beve) La sete me la son levata! Cosi mi potessi levar la fame!

 

DONNINA

Se mi aiuti a portare a casa una di queste brocche d’acqua, ti darò un bel pezzo di pane. E insieme col pane ti darò un bel piatto di cavolfiore condito coll’olio e coll’aceto  E dopo il cavolfiore ti darò un bel confetto ripieno di rosolio.

 

PINOCCHIO

Se è così, pazienza, vi porterò la brocca fino a casa!

 

MUSICA

La Donnina e Pinocchio, con la brocca in testa, camminano.

Giunti a destinazione si fermano.

Pinocchio spalanca gli occhi.

 

PINOCCHIO

Sogno o son desto? Voi non siete quello che sembrate:

 

DONNINA

E chi sono? Dimmelo! Che ho curiosità anch’io di saperlo.

 

PINOCCHIO

Ebbene sì! Avete gli stessi occhi, gli stessi capelli. O Fatina mia! Fatina mia! Siete voi!

 

FATINA

Birba d’un burattino! Come mai ti sei accorto che ero io?

 

PINOCCHIO

È il gran bene che vi voglio, quello che me l’ha detto.

 

FATINA

Mi hai disubbidito e mi hai dato tanti dispiaceri, ma vedo che ti sei pentito e tornerò a occuparti di te,

 

 

PINOCCHIO

E io vi chiamerò la mia mammina. Non ne ho mai avuta una. Penso, però, al mio babbo. Dove sarà a quest’ora? Avrò mai la fortuna di poterlo rivedere e abbracciare?

 

FATINA

Credo di sì. Anzi ne sono sicura.

 

PINOCCHIO

Che bella cosa, Fatina mia, che mi dite! Che bellissima cosa! Ma noi vivremo insieme, mamma?

 

FATINA

Ma devi mettere giudizio. Comincerai coll’andare a scuola.

 

PINOCCHIO

Andrò a scuola. E farò tutto quello che mi direte. Anche perché, la vita del burattino mi è venuta a noia,

 

FATINA

A scuola, Pinocchio, A scuola!

 

Pinocchio prende dei libri e s’incammina.

MUSICA Pinocchio

Camminando verso la scuola, incontra uno studente-

 

COMPAGNO UNO

Sai la gran notizia?

 

PINOCCHIO

No.

 

COMPAGNO DUE

Qui nel mare vicino è arrivato un Pesce-cane, grosso come una montagna.

 

PINOCCHIO

Davvero?

 

COMPAGNO UNO

Noi andiamo alla spiaggia  a vederlo. Vuoi venire anche tu?

 

PINOCCHIO

No. Io voglio andare a scuola.

 

COMPAGNO DUE

Che t’importa della scuola? Alla scuola ci andremo domani. Con una lezione di più o con una di meno, si rimane sempre gli stessi somari.

 

PINOCCHIO

Non hai torto, E il Pesce-cane io voglio vederlo

 

COMPAGNO UNO

Povero grullo! Ci hai creduto. Non c’è nessun pesce cane. Era una scusa per farti perdere la scuola.

 

COMPAGNO DUE

Ma, dico io, non ti vergogni a studiare così tanto, In questo modo danneggi tutti Perché gli scolari che studiano, fanno sempre scomparire quelli, come noi, che non hanno voglia di studiare. E noi non vogliamo scomparire! Anche noi abbiamo il nostro amor proprio!

 

PINOCCHIO

E se io volessi seguitare a studiare?

 

COMPAGNO UNO

Non ti guarderemo più in faccia, e alla prima occasione ce la pagherai!

 

PINOCCHIO

Mi fate quasi ridere.

 

COMPAGNO DUE

E allora ridi.

 

Si azzuffano. Si scagliano vicendevolmente i libri, Uno studente cerca di colpire Pinocchio, ma colpisce un altro, che cade a terra come morto.

 

COMPAGNO UNO

O mamma mia, aiutatemi... perché muoio!... 

 

Tutti scappano

 

PINOCCHIO

Apri gli occhi, ti prego, guardami! Perché non mi rispondi? Non sono stato io, sai, che ti ho fatto tanto male! Credilo, non sono stato io! Apri gli occhi,

Se continui a tenere gli occhi chiusi, farai morire anche me.

 

Arrivano Due Carabinieri.

 

CARABINIERE UNO

Che cosa fai costì sdraiato per terra?

 

PINOCCHIO

Assisto questo mio compagno di scuola.

 

CARABINIERE DUE

Si è sentito male?

 

PINOCCHIO

Pare di si!

 

CARABINIERE UNO

No, non si è sentito male. Questo ragazzo è stato ferito ad una tempia.

 

CARABINIERE DUE

Chi è che l’ha ferito?

 

PINOCCHIO

Io no!

 

CARABINIERE DUE

E allora chi?

 

PINOCCHIO

Io no!

 

CARABINIERE UNO

E con che cosa è stato ferito?

 

PINOCCHIO

Con questo libro.

 

CARABINIERE DUE

E questo libro di chi è?

 

PINOCCHIO

Mio.

 

CARABINIERE UNO

Basta così: non occorre altro. Alzati, e vien via con noi.

 

PINOCCHIO

Ma io sono innocente! (guarda in un punto Oh Dio, che succede là?

 

I carabinieri si girano. Pinocchio scappa.

MUSICA

Pinocchio, dopo un bel po’ si ferma, ansimando

 

PINOCCHIO

Come farò ora a presentarmi alla mia Fatina? Che le dirò quando la vedrò? Sono sicuro che non mi perdonerà di non essere andato a scuola. E mi sta bene, perché sono uno che promette e poi non mantiene Ma si sta facendo scuro, devo affrettarmi. E tornare a casa.

 

La luce cala

Pinocchio si ritrova a casa della Fatina. Bussa

 

LUMACA

Chi è a quest’ora?

 

PINOCCHIO

La Fata è in casa?

 

LUMACA

La Fata dorme e non vuol essere svegliata, Ma tu chi sei?

 

PINOCCHIO

Sono io!

 

LUMACA

Chi io?

 

PINOCCHIO

Pinocchio.

 

LUMACA

Chi Pinocchio?

 

PINOCCHIO

Il burattino, quello che sta in casa colla Fata.

 

LUMACA

Ho capito, Aspettami dove sei, ché ora scendo e ti apro subito.

 

PINOCCHIO

(saltella sul posto per riscaldarsi) Spicciatevi, per carità!

 

LUMACA

Calma, ragazzo mio, sono una lumaca, e le lumache non hanno mai fretta.

Tic tac di orologio

 

PINOCCHIO

Lumachina bella, non so più da quanto tempo aspetto. Spicciatevi, per carità!

 

LUMACA

Ragazzo mio, sono una lumaca, e le lumache non hanno mai fretta.

 

Tic tac di orologio

 

PINOCCHIO

Lumachina bella, aiutatemi! Qui dal freddo mi sento morire. E il tempo non passa mai. Voglio la mia Fatina.

 

LUMACA

La fata dorme e non vuole essere svegliata.

 

PINOCCHIO

Portatemi almeno qualcosa da mangiare.

 

LUMACA

Subito. Ve-lo-ci-ssi-ma-men-te.

 

Tic tac di orologio. Pinocchio s’appisola.

LUMACA

Ecco la colazione.

 

Pinocchio si sveglia di soprassalto, E si avventa sulla colazione.

 

PINOCCHIO

Ma è tutta di gesso, signora Lumaca! Stavolta muoio davvero!

 

Sviene

FATINA

Sveglia, Pinocchio, sveglia! Sono io.

 

PINOCHIO

Oh Fatina mia! Perdonatemi, perdonatemi.

 

FATINA

Per questa volta ti perdono. Ma andrai subito a scuola.

 

PINOCCHIO

Ci andrò. Lo giuro!

La fata dà a Pinocchio i libri per andare a scuola.

Pinocchio bacia la fata s’incammina.

MUSICA di Pinocchio

Pinocchio incontra Lucignolo.

 

LUCIGNOLO

Ciao.

 

PINOCCHIO

Ciao. Chi sei?

 

LUCIGNOLO

Sono Lucignolo. E tu?

 

PINOCCHIO

Io sono Pinocchio

 

LUCIGNOLO

E dove vai?

 

PINOCCHIO

Non lo vedi? Vado a scuola.

 

LUCIGNOLO

Oh, ma avete tutti la fissazione della scuola.

 

PINOCCHIO

Perché tu non ci vai?

 

LUCIGNOLO

Io sto per partire, non lo vedi?!

 

PINOCCHIO

Dove vai?

 

LUCIGNOLO

Vado ad abitare in un paese che è il più bel paese del mondo. Una vera cuccagna!

 

PINOCCHIO

E come si chiama?

LUCIGNOLO

Si chiama il «Paese dei balocchi». Perché non vieni anche tu?

 

PINOCCHIO

Io? No davvero!

 

LUCIGNOLO

Hai torto, Pinocchio! Se non vieni, te ne pentirai. Dove vuoi trovare un paese piú adatto a noialtri ragazzi? Lì non vi sono scuole: non vi sono maestri: non vi sono libri. Insomma non si studia mai. Il giovedì non si fa scuola. E ogni settimana è composta di sei giovedì e di una domenica. Figurati che le vacanze dell’autunno cominciano col primo di gennaio e finiscono coll’ultimo di dicembre.

 

PINOCCHIO

Ma come si passano le giornate nel «Paese dei balocchi»?

 

LUCIGNOLO

Si passano baloccandosi. E divertendosi dalla mattina alla sera. La sera poi si va a letto, e la mattina dopo si ricomincia daccapo. Che te ne pare?

 

PINOCCHIO

A esser sincero, è una vita che farei volentieri anch’io!

 

LUCIGNOLO

Allora, vuoi partire con me? Sì o no? Deciditi.

 

PINOCCHIO

No, proprio non posso, credimi Ho promesso alla mia buona Fata di mettere giudizio. E voglio mantenere la promessa. Quindi, addio! E buon viaggio.

 

LUCIGNOLO

Dove corri con tanta furia?

 

PINOCCHIO

A scuola

 

LUCIGNOLO

Aspetta altri due minuti.

 

PINOCCHIO

Non posso. Faccio troppo tardi.

 

LUCIGNOLO

Due minuti soli.

 

 

PINOCCHIO

E se poi la Fata mi strilla?

 

LUCIGNOLO

Lasciala strillare. Quando avrà strillato ben bene, si cheterà.

 

PINOCCHIO

Ma tu come fai? Parti solo o in compagnia?

 

LUCIGNOLO

Solo? Saremo più di cento ragazzi. Fra poco passerà di qui il carro che mi deve prendere e condurre fin dentro ai confini di quel fortunatissimo paese.

 

PINOCCHIO

Pagherei non so cosa, perché il carro passasse ora!

 

LUCIGNOLO

Perché?

 

PINOCCHIO

Per vedervi partire tutti insieme.

 

LUCIGNOLO

Rimani qui un altro poco e ci vedrai.

 

PINOCCHIO

Ma  tu sei sicuro che in quel paese non ci sono punte scuole?

 

LUCIGNOLO

Neanche l’ombra.

 

PINOCCHIO

E nemmeno i maestri?

 

LUCIGNOLO

Nemmeno uno.

 

PINOCCHIO

E non c’è mai l’obbligo di studiare?

 

LUCIGNOLO

Mai, mai, mai!

 

 

PINOCCHIO

Che bel paese! Io non ci sono stato mai, ma me lo figuro!

 

LUCIGNOLO

Perché non vieni anche tu, allora?

 

PINOCCHIO

È inutile che tu mi tenti! Non vengo.

 

LUCIGNOLO

Addio, allora! E salutami tanto le scuole ginnasiali! E anche quelle liceali - se le incontri per la strada.

 

PINOCCHIO

Addio, Lucignolo: fa’ buon viaggio! (fa per andarsene, poi torna indietro). Ma sei proprio sicuro che in quel paese tutte le settimane sono composte di sei giovedì e di una domenica?

 

LUCIGNOLO

Sicurissimo.

 

PINOCCHIO

Ma lo sai di certo che le vacanze abbiano principio col primo di gennaio e finiscano coll’ultimo di dicembre?

 

LUCIGNOLO

Di certissimo!

 

PINOCCHIO

Fra quanto partirete?

 

LUCIGNOLO

Subito.

 

Di lontano si ode una squilla.

 

LUCIGNOLO

Eccolo! È il carro che passa a prendermi. Vuoi venire, o no?

 

PINOCCHIO

Io verrei…

 

OMINO DI BURRO

Permettete che mi presenti. Sono l’Omino di Burro, il capo di questa spedizione. Non ci sarebbe posto, in verità, ma per voi, signor Pinocchio, lo troveremo

 

LUCIGNOLO

Allora vieni?

 

PINOCCHIO

A questo punto, rifiutare mi sembrerebbe uno sgarbo. Vengo.

 

Nell’aria risuonano ragli e pianti.

 

PINOCCHIO

Signor Omino di Burro, perché questi ciuchini piangono?

 

OMINO DI BURRO

Perché loro non vedono quello che vedi tu. Per loro, il mondo è diverso. Ma tu non ci badare. Pronti? i Via! Si parte.

 

MUSICA di grande festa. MUSICA del paese dei balocchi.

Arrivo al Paese dei balocchi. L’Omino di Burro esce di scena.

(inghiottito dal buco) Rimangono Pinocchio e Lucignolo,

 

PINOCCHIO

(guardandosi intorno) Oh che bello! Che bello che è qui. Una meraviglia! Proprio non lo avrei immaginato!

 

LUCIGNOLO

Vedi, dunque, se avevo ragione?  E tu non volevi partire! Ti eri persino messo in capo di tornartene a casa dalla tua Fata, per prendere il tempo a studiare!... Se oggi ti sei liberato dalla noia dei libri e delle scuole, lo devi a me, ai miei consigli, alle mie premure, ne convieni? Non vi sono che i veri amici che sappiano rendere di questi grandi favori.

 

PINOCCHIO

È vero, Lucignolo! Se oggi io sono così contento, è tutto merito tuo. E pensare che mi dicevano di te: Non praticare quella birba di Lucignolo, è un cattivo compagno e non può consigliarti altro che a far del male!

 

Cessa la MUSICA.

Si fa un grande silenzio. Lucignolo esce di scena dal buco.

 

PINOCCHIO

Lucignolo, dove sei? Lucignolooo! (eco) Ma perché mi hai lasciato solo. E dov’è l’Omino di burro?  Scomparso pure lui. Ma in che mondo sono finito.

MUSICA triste, tristissima. Anche la luce è triste, E si è fatto quasi buio

 

PINOCCHIO

Oh Dio mi sento male. È come se avessi la febbre. Che mi succede?

 

La lucetta del Grillo Parlante.

 

LUCETTA DEL GRILLO PARLANTE.

Amico mio, mi dispiace doverti dare una cattiva notizia!...

 

PINOCCHIO

Cioè?

 

LUCETTA DEL GRILLO PARLANTE.

Tu hai una gran brutta febbre!

 

PINOCCHIO

E che febbre sarebbe?

 

LUCETTA DEL GRILLO PARLANTE.

La febbre del somaro. Presto, prestissimo tu diventerai un ciuchino vero e proprio, come quelli che tirano il carretto e che portano i cavoli e l’insalata al mercato.

 

PINOCCHIO

Oh! povero me! povero me! È vero, già mi fanno male gli orecchi. Fatina mia, fatina mia, sono perduto! (piange)

 

LUCETTA DEL GRILLO PARLANTE.

Ora i pianti sono inutili. Bisognava pensarci prima!

 

PINOCCHIO

Ma la colpa non è mia, la colpa, credilo, è  tutta di Lucignolo!

 

Lucignolo entra in scena, calza un cappello simile,

se non identico a quello di Pinocchio-

 

LUCETTA DEL GRILLO PARLANTE.

Eccolo, il tuo Lucignolo! Guardalo!

 

LUCIGNOLO

Pinocchio! Oh come ti vedo poco!

 

 

PINOCCHIO

Anch’io ti vedo lontano. Devo avere gli occhi cisposi. Ma tu, perché tieni in capo codesto berretto di cotone che ti copre gli orecchi?

 

LUCIGNOLO

Perché  mi fanno un gran male.

 

PINOCCHIO

Anche a me fanno un male da spasimare. Me li fai vedere i tuoi?

 

LUCIGNOLO

Si. Ma prima voglio vedere i tuoi.

 

PINOCCHIO

No. Il primo devi essere tu.

 

LUCIGNOLO

No, carino! Prima tu, e dopo io!

 

PINOCCHIO

Ebbene, facciamo un patto da buoni amici.

 

LUCIGNOLO

Sentiamo il patto.

 

PINOCCHIO

Leviamoci tutti e due il berretto nello stesso tempo: accetti?

 

LUCIGNOLO

Accetto.

 

PINOCCHIO

Dunque, attenti. Uno! Due! Tre! 

 

Si levano i berretti. Hanno entrambi orecchi d’asino.

Lucignolo barcolla

 

LUCIGNOLO

Aiuto, aiuto, Pinocchio!

 

PINOCCHIO

Che cos’hai?

 

 

LUCIGNOLO

Ohimè! non mi riesce più di star ritto sulle gambe.

 

PINOCCHIO

Non mi riesce più neanche a me.

 

Buio

MUSICA dolorosa.

Mezza luce.

Due Ciuchini entrano in scena. L’attraversano.

 

NARRATORE

Pinocchio e Lucignolo, diventati due ciuchini veri, vengono  portati a vendere. Lucignolo fu venduto ad un contadino, Pinocchio al Direttore di un circo, che lo comprò per ammaestrarlo e per farlo saltare e ballare a comando. Ma una sera Pinocchio si azzoppò. E venne rivenduto a un fabbricante di strumenti musicalili perché ne facesse pelle di tamburo. Costui, invece di ucciderlo con un coltello, pensò bene di farlo morire affogato in mare. Ma Pinocchio, appena entrato nell’acqua  ridiventò il burattino di legno che era e fuggì velocemente lontano dalla riva. Fu a questo punto che un mostro marino, tirando il fiato a sé, si bevve il povero burattino, come avrebbe bevuto un uovo di gallina, e lo inghiottì.

 

Ventre di pesce cane

Luci soffuse. E c’è anche un  chiarore in un punto-

 

PINOCCHIO

Aiuto! aiuto! Non c’è nessuno qui dentro che venga a salvarmi?

 

VOCE TONNO

Chi vuoi che ti salvi, sventurata creatura?

 

PINOCCHIO

Chi è che parla così?

 

TONNO

Sono io! Un povero Tonno, inghiottito dal Pesce-cane insieme con te. E tu che pesce sei?

 

PINOCCHIO

Io non ho che veder nulla coi pesci. Io sono un burattino.

 

TONNO

E allora, se non sei un pesce, perché ti sei fatto inghiottire dal mostro?

PINOCCHIO

Non son io che mi son fatto inghiottire, è lui che mi ha inghiottito! Ed ora che cosa dobbiamo fare qui al buio?

 

TONNO

Rassegnarsi. E aspettare che il Pesce-cane ci abbia digeriti tutti e due!...

 

PINOCCHIO

Ma io non voglio esser digerito!.

 

TONNO

Neppure io vorrei esser digerito! Ma io sono abbastanza filosofo e mi consolo pensando che, quando si nasce Tonni, c’è più dignità a morir sott’acqua che sott’olio! La mia è un’opinione, e le opinioni, come dicono i Tonni politici, vanno rispettate!

 

PINOCCHIO

Insomma, io voglio andarmene di qui, voglio fuggire. È molto grosso questo Pesce-cane che ci ha inghiottiti?

 

TONNO

Figurati che il suo corpo è più lungo di un chilometro. Senza contare la coda.

 

PINOCCHIO

Che cosa sarà mai quel chiarore che si vede?

 

TONNO

Sarà qualche nostro compagno di sventura, che aspetta come noi il momento di esser digerito!

 

PINOCCHIO

Voglio andare a trovarlo. Potrebbe darsi il caso che fosse qualche vecchio pesce capace d’insegnarmi la strada per fuggire.

 

TONNO

Te l’auguro di cuore.

 

PINOCCHIO

Addio, signor Tonno.

 

TONNO

Addio, burattino. E buona fortuna.

 

 

PINOCCHIO

Pensi che rivedremo?

 

TONNO

È meglio non pensarci neppure!

 

 

MUSICA

Il Tonno esce di scena (dal buco?)

Pinocchio cammina a tastoni. Il chiarore si fa più forte. Sino a quando non appare  una piccola tavola apparecchiata  - o qualcosa di simile - con sopra una candela accesa infilata in una bottiglia di cristallo verde, e seduto a tavola un vecchietto tutto bianco. È  Geppetto

 

PINOCCHIO

Oh! babbino mio! Finalmente vi ho ritrovato! E non vi lascio più, mai, mai mai, mai. Più!

 

GEPPETTO

Dunque i miei occhi dicono il vero? Sei proprio tu, il mio caro Pinocchio?

 

PINOCCHIO

Sono proprio io! Sapeste quante disgrazie mi son piovute sul capo e quante cose mi sono andate a traverso!  Ma voi, babbino, com’è che siete finito qua dentro?

 

GEPPETTO

Eeeh, figliolo mio! Quando ero per mare, in cerca di te, si alzò una tempesta, e un cavallone m’arrovesciò la barchetta. Allora questo orribile Pesce-cane che era lí vicino, appena che m’ebbe visto nell’acqua corse subito verso di me, e tirata fuori la lingua, mi prese pari pari, e m’inghiottì come un tortellino di Bologna.

 

PINOCCHIO

E quant’è che siete chiuso qui dentro?

 

GEPPETTO

Da quel giorno in poi, saranno oramai tanti anni. Tanti che mi son parsi secoli!

 

PINOCCHIO

E come avete fatto a campare? E dove avete trovata la candela? E i fiammiferi per accenderla, chi ve li ha dati?

 

GEPPETTO

Ora ti racconterò tutto. Devi dunque sapere che quella medesima burrasca, che rovesciò la mia barchetta, fece anche affondare un bastimento mercantile. I marinai si salvarono tutti, ma il bastimento calò a fondo e il Pesce-cane che quel giorno aveva un appetito eccellente, dopo avere inghiottito me, inghiottì anche il bastimento.

 

PINOCCHIO

Lo inghiottì tutto in un boccone?

 

GEPPETTO

Tutto in un boccone. Risputò solamente l’albero maestro, perché gli era rimasto fra i denti come una lisca. Per mia gran fortuna, quel bastimento era carico non solo di carne conservata in cassette di stagno, ma di biscotti, di pane abbrustolito, di bottiglie di vino, d’uva secca, di cacio, di caffè, di zucchero, di candele steariche e di scatole di fiammiferi di cera. Con tutta questa grazia di Dio ho potuto campare due anni: ma oggi sono agli ultimi sgoccioli: oggi nella dispensa non c’è piú nulla, e questa candela, che vedi accesa, è l’ultima candela che mi sia rimasta.

 

PINOCCHIO

E dopo che faremo?

 

GEPPETTO

Dopo, rimarremo tutt’e due al buio.

 

PINOCCHIO

Allora, babbino mio, non c’è tempo da perdere. Bisogna pensar subito a fuggire.

 

GEPPETTO

E come?

 

PINOCCHIO

Scappando dalla bocca del Pesce-cane e gettandosi a nuoto in mare.

 

GEPPETTO

Tu parli bene, ma io, caro Pinocchio, non so nuotare.

 

PINOCCHIO

E che importa? Io sono di legno e sto a galla da me. Voi mi monterete a cavalluccio sulle spalle e io vi porterò sano e salvo fino alla spiaggia.

 

GEPPETTO

Illusioni, ragazzo mio! Ti pare possibile che un burattino, possa aver tanta forza da portarmi a nuoto sulle spalle?

PINOCCHIO

Provatevi e vedrete! A ogni modo se sarà scritto in cielo che dobbiamo morire, avremo almeno la gran consolazione di morire abbracciati insieme.

 

Pinocchio prende in mano la candela, e va avanti facendo lume

 

PINOCCHIO

Venite dietro a me, e non abbiate paura.

 

MUSICA

I due camminano.

 

NARRATORE

Ora bisogna sapere che il Pesce-cane, essendo molto vecchio e soffrendo d’asma, era costretto a dormire a bocca aperta: per cui Pinocchio, affacciandosi al principio della gola e guardando in su, poté vedere un bel pezzo di cielo stellato e un bellissimo lume di luna.

 

PINOCCHIO

Questo è il momento di scappare. Il mare è tranquillo. Montatemi a cavalluccio sulle spalle e abbracciatemi forte forte.

 

Geppetto monta a cavalluccio su Pinocchio-

 

PINOCCHIO

Siete pronto?

 

GEPPETTO

Pronto.

 

PINOCCHIO

Ora salto in acqua.

 

Pinocchio salta. Ploff! Si sente il tonfo di un tuffo.

MUSICA.

Pinocchio gira e gira, mimando uno che nuota. Arrivato a terra,

 scarica Geppetto

 

GEPPETTO

E ora dove dobbiamo andare?

 

PINOCCHIO

In cerca di una casa o d’una capanna, dove ci diano per carità un boccone di pane e un po’ di paglia che ci serva da letto. 

 

Appaiono il Gatto e la Volpe, malconci e mal combinati

 

LA VOLPE

O Pinocchio, fai un po’ di carità a questi due poveri infermi.

 

GATTO

Infermi!

 

PINOCCHIO

Addio, mascherine!

 

VOLPE

Credilo, Pinocchio, che oggi siamo poveri e disgraziati davvero!

 

GATTO

Davvero!

 

PINOCCHIO

Se siete poveri, ve lo meritate.

 

VOLPE

Abbi compassione di noi!

 

GATTO

Noi!

 

PINOCCHIO

Addio, mascherine!

 

VOLPE

Non ci abbandonare!

 

GATTO

..are!

 

PINOCCHIO

Addio, mascherine!

 

LA VOLPE

(uscendo) Oh come siamo sfortunati

 

GATTO

ati ati

LA VOLPE

Sventurati.

 

GATTO

… ati ati

 

Pinocchio e Geppetto s’incamminano

Musichetta

Si fermano

 

PINOCCHIO

Questo posto deve essere abitato da qualcuno. Bussiamo.

 

Bussano

 

VOCINA

Chi è?

 

PINOCCHIO

Siamo un povero babbo e un povero figliuolo, senza pane e senza tetto.

 

VOCINA

Entrate.

 

Pinocchio e Geppetto mimano un’entrata e guardano di qua e di là,

 

PINOCCHIO

Il padrone di casa dov’è?

 

GRILLO PARLANTE

Eccomi quassù!

 

PINOCCHIO

Oh! mio caro Grillo, che bello vederti!

 

GRILLO

Ora sono il «Tuo caro Grillo»! Ma ti rammenti di quando, per cacciarmi di casa tua, mi tirasti un  martello?

 

PINOCCHIO

Hai ragione, Grillo mio! Scaccia anche me, tira anche a me un martello: ma abbi pietà del mio povero babbo.

 

 

GRILLO

Io avrò pietà di entrambi. Ho voluto soltanto rammentarti il brutto garbo ricevuto. Per insegnarti che in questo mondo, quando si può, bisogna mostrarsi cortesi con tutti, se vogliamo esser ricambiati con pari cortesia nei giorni del bisogno.

 

PINOCCHIO

Avete ragione, signor Grillo, ragione da vendere e io terrò a mente la lezione che mi avete data. Ma mi dite come avete fatto a comprarvi questa bella capanna?

 

GRILLO

Questa capanna mi è stata regalata ieri da una graziosa capra, che aveva la lana d’un bellissimo colore turchino.

 

PINOCCHIO

E la capra dov’è andata?

 

GRILLO

Non lo so.

 

PINOCCHIO

E quando ritornerà?

 

GRILLO

Non ritornerà mai. Ieri è partita tutta afflitta, e, belando, pareva che dicesse: «Povero Pinocchio, oramai non lo rivedrò più, il Pesce-cane a quest’ora l’avrà bell’e divorato!

 

PINOCCHIO

Ha detto proprio così? Dunque era lei! Era lei! La mia cara Fatina! (piange e si asciuga le lacrime)

 

PINOCCHIO

Un’altra preghiera, signor Grillo, sapreste dirmi dove trovare un bicchiere di latte per il mio povero babbo?

 

GRILLO

Tre campi distanti da qui c’è un ortolano che tiene le mucche. Vai da lui e troverai il latte che cerchi.

 

PINOCCHIO

Grazie signor Grillo, ci vado subito

 

Ci va.

ORTOLANO

Quanto ne vuoi del latte?

 

PINOCCHIO

Ne voglio un bicchiere pieno.

 

ORTOLANO

Un bicchiere di latte costa un soldo. Comincia intanto a darmi un soldo.

 

PINOCCHIO

Non ho nemmeno un centesimo.

 

ORTOLANO

Se tu non hai nemmeno un centesimo, io non ho nemmeno un dito di latte.

 

PINOCCHIO

Pazienza!

 

Fa per andarsene.

 

ORTOLANO

Aspetta un po’. Fra te e me ci possiamo accomodare. Vuoi adattarti a girare il bindolo?

 

PINOCCHIO

Che cos’è il bindolo?

 

ORTOLANO

È quell’ordigno di legno, che serve a tirar su l’acqua dalla cisterna per annaffiare gli ortaggi.

 

PINOCCHIO

Mi proverò.

 

ORTOLANO

Tirami su cento secchie d’acqua, e io ti darò in compenso un bicchiere di latte.

 

PINOCCHIO

Mi sta bene.

 

Pinocchio mima uno che gira una manovella.

Musichetta

Pinocchio ansima. Si vede che fa una gran fatica.

ORTOLANO

Finora questa fatica di girare il bindolo l’ho fatta fare al mio ciuchino: ma oggi quel povero animale è in fin di vita.

 

PINOCCHIO

Mi portate a vederlo?

 

ORTOLANO

Volentieri. E qui accanto

 

I due fanno qualche passo verso stalla dove c’è un ciuchino disteso sulla paglia, Pinocchio lo guarda attentamente.

 

PINOCCHIO

Ma questo ciuchino io lo conosco! Chi sei?

 

LUCIGNOLO

(con occhi e voce da moribondo) Sono Lu...ci...gno...lo...

 

PINOCCHIO

Oh! povero Lucignolo!

 

ORTOLANO

Ti commuovi tanto per un asino che non ti costa nulla? Che cosa dovrei far io che lo comprai a quattrini contanti?

 

PINOCCHIO

Ma lui è un mio amico!

 

ORTOLANO

Tuo amico?

 

PINOCCHIO

Un mio compagno di scuola!

 

ORTOLANO

Come sarebbe?! Tu avevi dei somari per compagni di scuola? Figuriamoci i begli studi che devi aver fatto!

 

 

PINOCCHIO

Eppure è così!

ORTOLANO

Che strana cosa, a volte, è la vita!

 

PINOCCHIO

(a Lucignolo) Lucignolo, amico mio, parlami. Ti prego. Parla!

 

ORTOLANO

Non può più risponderti. È morto.

 

MUSICA

De profundis

Pinocchio e Geppetto, a testa bassa si allontanano dal luogo

Buio. Poi torna una bella luce.

 

NARRATORE

Da quel giorno in poi, Pinocchio, continuò a levarsi ogni mattina, prima dell’alba, per andare a girare il bindolo, e guadagnare così quel bicchiere di latte, che faceva tanto bene alla salute cagionevole del suo babbo.

 

Si vede Pinocchio che porta su e giù un secchio

 

Ma non si limitò a questo. Si mise a lavorare in vari modi. E coi quattrini che ne ricavava, provvedeva a tutte le spese giornaliere, non facendo mancar di nulla il suo babbo. Nelle veglie poi della sera, si esercitava a leggere e a scrivere. Una mattina disse a suo padre:

 

PINOCCHIO

Vado qui al mercato vicino, a comprarmi un bel vestito nuovo. Quando tornerò mi scambierete per un gran signore.

 

MUSICA

di Pinocchio che cammina

Appare la Lumaca

LUMACA

Non mi riconosci?

 

PINOCCHIO

Mi pare e non mi pare.

 

LUMACA

Non ti ricordi di quella Lumaca, che stava per cameriera con la Fata dai capelli turchini?

 

 

PINOCCHIO

Si, mi rammento tutto, Ma dimmi, Lumachina bella: dove hai lasciato la mia buona Fata?

 

LUMACA

Pinocchio mio! La povera Fata giace in un fondo di letto allo spedale!

 

PINOCCHIO

Allo spedale?

 

LUMACA

Pur troppo! Colpita da mille dispiaceri, si è ammalata, e non ha più da comprarsi nemmeno un boccone di pane.

 

PINOCCHIO

Davvero? Che gran dolore mi dai! Oh! povera Fatina! Se avessi un milione, correrei a portarglielo Ma io non ho che quaranta soldi. Eccoli qui: andavo giusto a comprarmi un vestito nuovo. Prendili, Lumaca, e va’ a portarli subito alla mia buona Fata.

 

LUMACA

E il tuo vestito nuovo?

 

PINOCCHIO

Non m’importa del vestito nuovo? Venderei anche questi cenci che ho addosso, per poterla aiutare! Vai, Lumaca! E spicciati! Poi, però torna: spero di poterti dare qualche altro soldo. Finora ho lavorato per mantenere il mio babbo: da oggi in là, lavorerò cinque ore di più per mantenere anche la mia buona mamma. A presto, Lumaca.

 

LUMACA

A presto.

 

La Lumaca esce di scena. Pinocchio (Musichetta) torna a casa

 

GEPPETTO

E il vestito nuovo?

 

PINOCCHIO

Non m’è stato possibile di trovarne uno che mi tornasse bene. Pazienza! Lo comprerò un’altra volta.

 

 

 

NARRATORE

Quella sera Pinocchio, finalmente in pace con se stesso e con la sua coscienza, andò a letto e si addormentò

 

Buio. MUSICA. Pinocchio si sveglia, Ma non è più un burattino

 

PINOCCHIO

Che strano! Oggi mi sento un altro. Fammi guardare allo specchio. (si specchia) Oh fatina mia, questo è un altro dei tuoi miracoli: non sono più un burattino. E la capanna non è più una capanna, ma una bella casa tutta di madreperla. E il mio babbo dov’è? Oh eccoti, caro babbino. Non ci dovremo lasciare mai mai mai più per sempre!

 

GEPPETTO

Per sempre!

 

PINOCCHIO

Ma il vecchio Pinocchio di legno dove si sarà nascosto?

 

GEPPETTO

Eccolo là.

 

La luce cala, Rimane un raggio solo su un burattino di legno che giace disarticolato  sul pavimento

 

PINOCCHIO

(guardandolo) Com’ero buffo, quand’ero un burattino! E come sono contento ora di essere dove sono.

 

MUSICA

Il Gloria”

Buio-

 

FINE

 

 

PINOCCHIO È UNA TRAGEDIA

 

Avendo letto Pinocchio da bambino, ed essendone rimasto dolorosamente colpito sino a piangere - mi sono convinto che Pinocchio incarna la tragedia dell’esistenza, cioè il disagio di vivere degli uomini. Pinocchio, come tutti, non sa né chi sia né da dove viene (non ha madre).

Pinocchio vive le sue esperienze, incontrando inganni, disinganni, disavventure, illusioni, imbroglioni ecc.. Insomma tutto quello che capita nella vita. In questa storia la fata turchina rappresenta Dio; quando Pinocchio la invoca ‘Fatina! Fatina mia!’ è un po’ come quando, nei momenti di difficoltà, diciamo ‘Dio mio aiutami!’.

C’è momento della vicenda in cui Pinocchio preferisce non studiare per andare a visitare il Paese dei balocchi; circostanza che può anche leggersi come un modo per spiegare ai bimbi che non studiando si finisce male; ma questa è forse l’intenzione iniziale di Carlo Collodi, io ci vedo qualcosa di più: una tragedia grande e significativa dell’avventura dell’uomo su questa terra, in questa dimensione.

Pinocchio è stato scritta nel 1881 ed è un capolavoro assoluto della letteratura italiana, certamente il più conosciuto in tutto il mondo; e la ragione è, appunto, perché si tratta di qualcosa di più della semplice favola. Quando Pinocchio e Lucignolo diventano asini, è come quando l’uomo si comporta come una bestia, anzi, per dirla tutta l’uomo è peggiore delle bestie, perché esse non hanno consapevolezza, mentre l’uomo sì, quindi se commette delle cattiverie, di queste è molto più responsabile. Qui il fatto che Pinocchio e Lucignolo divengano ciuchi sta a indicare l’uomo che degrada se stesso fino agli estremi della disumanità, quando, insomma, diviene mostro. Pinocchio riesce a riscattarsi dalla sua bestialità perché, correndo a cercare e a salvare il padre, riguadagna la sua umanità; mentre Lucignolo rimane asino e muore tra le braccia di Pinocchio dentro una pelle da asino; tutto questo non può che essere una tragedia, e non una semplice favola per i più piccoli. Anzi, ritengo che sia controindicata per i minori, li spaventa, li atterrisce. E lo so non per sentito dire: a me Pinocchio mi metteva spavento e la notte mi dava gli incubi.

Persino il lieto fine, in Pinocchio, lieto del tutto non è; anzi lo definirei decisamente drammatico: la mutazione da burattino a bambino vero, non è altro che il passaggio dalla vita alla morte o, se si preferisce, alla vita eterna.

Pinocchio muore sì burattino, ma non per diventare bimbo in carne ed ossa, bensì per farsi angelo del Paradiso, dove si ritrova con la fatina (che è il Soprannaturale) e con il padre (morto di vecchiaia), e da dove, guardando in basso la terra, vi scorge il suo cadavere: e cioè, un burattino di legno che giace disarticolato al centro della scena. In altre parole: Pinocchio riscatta la sua natura bestiale (il peccato originale?) con comportamenti virtuosi e, da burattino, si fa uomo, che, morendo, diventa spirito, e spirito eletto

La struttura favolistica del racconto è data per creare e usare quei simboli che rappresentino l’esistenza in sé, la realtà del vivere umano. E che Collodi abbia voluto dir questo o no, è irrilevante. Il fatto è che lo ha detto; ché

Io sono, per mia natura, uno scrittore che fa anche l’attore e il regista. Attività, o meglio diversità, che, tuttavia,  hanno in comune la stessa materia prima: le parole; e richiedono tutte preparazione solida e cura costante. La scrittura, in specie, è la cosa più seria, più semplice e, insieme, più complicata che ci sia; più della pittura, poiché ci può essere un pittore ignorante, naif, come fu ad esempio Ligabue, che fece comunque grandi quadri; più seria anche della musica, poiché un musicista può anche essere precoce suonando il piano in maniera formidabile già a otto anni, ma si tratterebbe solo di un formidabile dono di natura.

Non ci potrà mai essere, invece, uno scrittore importante che abbia dieci anni, il che vuol dire che la scrittura prevede lunga preparazione.